Gli Archivi come strumento artistico
A partire dagli anni Sessanta gli artisti iniziano ad attingere sempre di più alle immagini presenti negli archivi ma, al tempo stesso, comprendono come le fotografie non siano neutrali, né esenti da manipolazioni politiche, economiche e sociali. Essi sviluppano così un approccio critico destinato a mettere in discussione l’archivio stesso, comprenderne le dinamiche sottese e compiere un’operazione disturbante per portarle alla luce.
Si tratta di una reinterpretazione che dà origine a nuove opere d’arte, come 9/12 (Front Page) (2001) di Hans-Peter Feldmann: un archivio delle prime pagine di oltre cento giornali, pubblicati in tutto il mondo all’indomani della tragedia dell’11 settembre, che mostrano la reazione dei media e il relativo utilizzo della fotografia. Un altro esempio è Atlas (1964-in corso), una raccolta di fotografie di famiglia, immagini ritagliate dai giornali, etc. che, a partire dagli anni Sessanta, Gerhard Richter accumula e dispone su fogli di carta sciolti. È un percorso di ordinamento e archiviazione che vede soggetti banali accostati a immagini terrificanti come quelle dell’Olocausto, in una complessità e diversità che superano la semplice documentazione.
Altrettanto significativo è Novità editoriali a cura di Daniela Comani (2007-in corso), una serie fotografica in cui, a partire dalla propria libreria, l’artista rielabora i titoli delle copertine di alcuni romanzi classici, cambiando il genere dei protagonisti. Sceglie di compiere una manipolazione sottile cosicché possa passare inosservata a prima vista, pur rendendo visibile il divario esistente.