Il fotoritocco e il passaggio al digitale

Per quanto il fotoritocco si associ comunemente all’avvento dell’era digitale, in realtà è una pratica che risale agli anni ‘40 dell’Ottocento, ossia all’invenzione della fotografia stessa. In questo periodo, le immagini vengono manipolate dopo l’esposizione del negativo attraverso procedimenti come il fotomontaggio, la stampa combinata, la sovraverniciatura o, come spesso accade, un insieme di questi e altri metodi; ne è un immediato esempio la fotografia spiritica degli anni ’60. 

Praticato per ragioni artistiche, politiche o commerciali, il fotoritocco diventa di più immediato e facilitato utilizzo a partire dalla prima fotocamera digitale – messa in commercio nel 1981 dall’azienda giapponese Sony – e dalla prima versione di Photoshop (1990) dei fratelli Thomas e John Knoll. L’utilizzo di software che permettono l’elaborazione di immagini digitali apre un forte dibattito attorno al tema della veridicità della fotografia ed è emblematico il caso della rivista "National Geographic". Infatti, nel 1982, esce una fotografia di Gordon Gahan che ritrae tre uomini sui loro cammelli con le piramidi di Giza incombenti sullo sfondo: per poterle far stare nel formato verticale della copertina, a insaputa del fotografo e dei lettori, il "National Geographic" ravvicina digitalmente le due piramidi, alterando lo scatto originario. Allo stesso tempo, grazie ai nuovi mezzi tecnologici, si sviluppa una maggiore consapevolezza della malleabilità dell’immagine fotografica che non può più essere considerata la rappresentazione esatta del mondo visibile.