La rivista ‘Provoke’ e la fotografia in Giappone
La rivista "Provoke", pubblicata per tre numeri tra il 1968 e il 1969, è un punto di riferimento fondamentale per comprendere gli sviluppi fotografici e culturali del Giappone nel secondo dopoguerra. Fondata dai fotografi Yutaka Takanashi e Takuma Nakahira, dal critico Koji Taki e dallo scrittore Takahiko Okada, mira a rivoluzionare l'uso tradizionale della fotografia nei media, come suggerisce il sottotitolo shisō no tame no chōhatsuteki shiryō (documenti provocatori per motivi di pensiero).
I tre numeri, prodotti come dojin-shi (autoproduzione), includono sequenze fotografiche a bassa risoluzione o sfocate, combinazioni di parole e immagini, saggi e poesie. La grafica e il formato risultano grezzi e il motto alla base della rivista è “Are, Bure, Boke” (grana/durezza, mosso, sfocato), con il fine di rovesciare i canoni classici, presentando un’estetica in contrasto con quella occidentale.
Le fotografie, inizialmente ridicolizzate per la loro qualità e presentazione, suscitano numerose polemiche ma lasciano un segno profondo sia nel mondo editoriale che culturale: in un Giappone segnato da forti proteste contro Stati Uniti, multinazionali e neoliberismo, "Provoke" diventa cruciale per rappresentare la complessità della fotografia giapponese del periodo e la ricerca di una nuova identità nazionale. Dopo la pubblicazione del terzo numero e dell’edizione "First, Abandon the World of Pseudo-Certainty", che raccoglie i tre numeri precedenti, il gruppo si scioglie.
Tra i fotografi più noti, pubblicati su "Provoke", ricordiamo Nobuyoshi Araki, Shōmei Tōmatsu e Daidō Moriyama.