Il neorealismo
Nel secondo dopoguerra, l'Italia abbraccia il Neorealismo, un movimento che investe cinema, letteratura e fotografia, distaccandosi dalla propaganda fascista con l’obiettivo di raccontare la realtà quotidiana senza filtri o censure. In questo contesto, la fotografia diventa un mezzo potente per riflettere sulla società italiana, esprimendo la speranza per la costruzione di un nuovo Paese.
La critica divide il Neorealismo fotografico in due fasi: la prima, influenzata dal libro "Occhio Quadrato" di Alberto Lattuada (1941), che ritrae una Milano marginale, fatta di case diroccate e contrasti tra urbano e naturale, spingendo fotografi come Gianni Berengo Gardin e Nino Migliori a scattare spontaneamente per raccontare la realtà umana. La seconda fase, più "civile e politica", si lega all'idea del "fotolibro", un libro illustrato con scopi educativi e narrativi, in cui emergono autori come Mario Giacomelli, noto per il suo lavoro sulle comunità rurali, e Tano D'Amico, che documenta le lotte sociali.
Mentre fotografi come Federico Patellani e Federico Garolla documentano l'Italia in ricostruzione, emergono anche i circoli fotoamatoriali, come La Gondola (Venezia) di Paolo Monti e l'Unione Fotografica (Milano) di Pietro Donzelli. Il Bar Jamaica a Milano diventa un punto di incontro per artisti come Lucio Fontana e Piero Manzoni, ma anche per fotografi giovanissimi come Ugo Mulas e Mario Dondero, che esplorano le classi popolari, il mondo del lavoro e la rinascente vita culturale italiana, mossi da un forte ideale etico e politico.