Kodachrome
Nell’Ottocento vengono condotti svariati esperimenti per ottenere fotografie a colori ma, a causa dei costi elevati e delle difficoltà emerse, l’unica soluzione rimane quella di dipingere la superficie fotografica con tempere, acquerelli, etc. La prima vera svolta avviene nel 1903 quando i fratelli Lumière brevettano il procedimento “Autochrome”, per poi commercializzarlo a partire dal 1907. Si tratta di lastre fotosensibili a cui viene aggiunto uno strato di granelli di fecola di patate – tinti di rosso-arancione, blu-violetto e verde – che, secondo il meccanismo di sintesi additiva, funzionano come filtri cromatici.
Tuttavia, nonostante alcuni professionisti e dilettanti si mettano alla prova, si diffonde la convinzione che quella a colori sia una fotografia banale, troppo aderente alla realtà, persino non artistica. Per un successo maggiore è necessario aspettare gli anni Trenta e Quaranta, quando vengono commercializzati processi che sfruttano invece la sintesi sottrattiva, decisamente più economici, rapidi e di qualità rispetto ai precedenti. A tal proposito, nel 1935 la Kodak lancia sul mercato la pellicola diapositiva Kodachrome (venduta fino al 2009) e, pochi anni dopo, escono la Agfacolor e la Kodacolor.
Tuttavia, nonostante alcuni professionisti e dilettanti si mettano alla prova, si diffonde la convinzione che quella a colori sia una fotografia banale, troppo aderente alla realtà, persino non artistica. Per un successo maggiore è necessario aspettare gli anni Trenta e Quaranta, quando vengono commercializzati processi che sfruttano invece la sintesi sottrattiva, decisamente più economici, rapidi e di qualità rispetto ai precedenti. A tal proposito, nel 1935 la Kodak lancia sul mercato la pellicola diapositiva Kodachrome (venduta fino al 2009) e, pochi anni dopo, escono la Agfacolor e la Kodacolor.
Kodachrome (1978) è anche il titolo di un libro autoprodotto da Luigi Ghirri che, attraverso suoi scatti a colori realizzati tra il 1970 e il 1978, riflette sulla complessità della fotografia tra verità e finzione, su quanto ci sia di illusorio nella sua presunta oggettività, proponendo una via per ridefinire la percezione della realtà.