Photomaton
A New York, nel 1924, Anatol Marco Josepho brevetta il primo photomaton, ossia la cabina per fototessere automatiche. Due anni dopo, viene installata la prima cabina pubblica americana, mentre nel 1928 ne vengono poste cinque nella città di Parigi. Dopodiché la Photomaton Society ne ottiene i diritti di installazione per gran parte d’Europa, Cina e Giappone.
Con alcune monete e attendendo pochi minuti, senza coinvolgere un fotografo professionista, in un photomaton ognuno può ottenere il proprio autoritratto. Si tratta di uno strumento con una duplice funzione: da una parte, in un contesto più burocratico, fornisce piccole immagini adatte ai documenti ufficiali di riconoscimento d’identità; dall’altra, offre uno spazio isolato d’evasione dove, soprattutto i più giovani, giocano con la propria mimica facciale, evocando rappresentazioni di sé immaginarie e fantastiche e sfuggendo, per qualche attimo, dalla consueta immagine pubblica e quotidiana. In tal senso, la cabina per fototessere rappresenta una ritrattistica democraticamente meccanica e più economica, ormai lontana dalla dimensione dell’atelier fotografico ottocentesco.
Con grande tempismo, alcuni artisti – a partire da René Magritte – intuiscono il fascino e le possibilità del photomaton e se ne servono per le proprie opere d’arte e performance; altri ancora – come nel caso di Marcel Duchamp –, pur non usando materialmente la cabina, alludono alla fototessera come modalità di rappresentazione.