La fotografia etnografica

La fotografia etnografica, nata alla fine dell'Ottocento, è cruciale per lo studio di popoli e culture. I fotografi viaggiano per documentare culture, tradizioni e persone, concentrandosi sulle differenze culturali e sullo stile di vita delle popolazioni indigene. Edward Curtis, noto per il suo lavoro con le tribù native americane, e Gertrude Bell, che documenta la vita in Medio Oriente, sono tra i più importanti fotografi del tempo. Le loro immagini catturano non solo l'aspetto fisico delle persone e dei luoghi, ma anche tradizioni culturali, minacciate dalla modernizzazione. Tuttavia, la fotografia etnografica di quel periodo può essere vista criticamente, poiché spesso riflette pregiudizi e concezioni errate rispetto alle culture non occidentali, enfatizzando elementi "esotici" o "primitivi" e contribuendo a interpretazioni distorte.

Ernesto De Martino è uno dei più autorevoli etnologi a studiare il sud Italia e la relativa cultura contadina, parlando di folklore e di una realtà in via d’estinzione. Negli anni Cinquanta del Novecento opera nel paese di Tricarico, collaborando con personalità culturali come Carlo Levi, Henri Cartier-Bresson e Arturo Zavattini, che traducono visivamente le ricerche dello studioso. Per De Martino, la fotografia ha diverse funzioni nella ricerca etnografica: è un'alternativa economica al cinema, serve da promemoria visivo, cattura singoli istanti e rappresenta elementi significativi, anche se trasmette dati limitati e non neutrali.