Scuola di Yokohama
Negli anni Sessanta dell’Ottocento, in Giappone si afferma la Scuola di Yokohama, un contesto artistico-culturale che, nato nell’omonima città, vede coinvolti autori di fotografie all’albumina, minuziosamente colorate a mano, che riprendono soggetti della tradizione culturale giapponese. Di solito raccolte in preziosi album con copertine laccate e decorate a intarsio, le cosiddette Yokohama shashin esprimono un peculiare sentimento di nostalgia in quanto descrivono un Giappone – paese caratterizzato da ciliegi in fiore, donne in kimono, samurai, monaci buddhisti, etc. – che sta velocemente scomparendo, a causa della grande opera di modernizzazione del periodo Meiji (1868-1912).
Questo importante cambiamento porta addirittura alla necessità di allestire negli studi fotografici mise en scène in cui veri e propri attori posano davanti a sfondi dipinti. Non si tratta infatti di fotografia documentaria ma di costosi souvenirs che rispecchiano l’immaginario apprezzato e fortemente richiesto dai facoltosi viaggiatori occidentali. Trasferitosi in Giappone nel 1863 per aprire il proprio atelier, l’italiano Felice Beato introduce a Yokohama la tecnica della coloritura fotografica che, realizzata mediante colori anilinici, diventa una caratteristica peculiare delle Yokohama shashin. Insieme al suo prediletto Kusakabe Kimbei, Beato è uno dei fotografi più conosciuti sia per la bellezza e raffinatezza dei suoi scatti, sia per il gran numero di vendite all’estero.