Il Pittorialismo

A metà dell’Ottocento, la fotografia è considerata una delle grandi novità tecniche e scientifiche del secolo, ma non viene ancora riconosciuta come forma d’arte e inclusa nelle grandi esposizioni pittoriche, come i salons parigini. Molti pittori però ne rimangono affascinati, come per esempio i francesi Delacroix, Degas o Toulouse-Lautrec, e la usano come modello (in sostituzione del reale, sia esso un corpo o un paesaggio) ma anche per sperimentare nuove forme di creazione visiva.
Nonostante questo interesse, la fotografia viene spesso paragonata, con disprezzo, ad un semplice strumento di riproduzione della realtà e, a causa del suo carattere industriale e meccanico, fatica a essere equiparata alla pittura o alla scultura. 

Con il tentativo di elevare la propria pratica, fotografi e fotografe si ispirano a grandi opere del passato o a correnti contemporanee, come per esempio l’impressionismo, e a imitare i canoni estetici della pittura: nasce così il movimento del pittorialismo, che ha lo scopo di teorizzare e affermare la piena validità dell’immagine fotografica. I fotografi pittorialisti impiegano elaborate tecniche sia per lo sviluppo che per la stampa, così da ottenere effetti sfumati e suggestivi, dimenticando la precisione meccanica e artificiosa della macchina fotografica e differenziandosi dalle immagini realizzate da amatori o in ambito commerciale.

Tra i principali esponenti ricordiamo Henry Peach Robinson, Oscar Gustave Rejlander, Julia Margaret Cameron e Alfred Stieglitz, che contribuisce alla diffusione del pittorialismo negli Stati Uniti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.