Le prime immagini su carta
Fin dal 1833, parallelamente a Niépce e Daguerre, l’inglese William Henry Fox Talbot conduce svariati esperimenti fotografici sensibilizzando all’azione della luce alcuni fogli di carta con sali d’argento. Giunta la notizia dell’invenzione del dagherrotipo, Talbot si affretta per rendere pubbliche le sue scoperte e il 25 gennaio 1839 presenta il suo lavoro alla Royal Society, rivendicando il primato su Daguerre. Si tratta della calotipia (nota anche come talbotipia), ossia il primo procedimento di ripresa fotografica basato sul sistema negativo-positivo.
Esponendo alla luce un secondo foglio di carta fotosensibile, posto a contatto con il negativo, Talbot intuisce che se ne può ricavare una copia positiva; dunque, un processo che consente di creare più esemplari a partire dalla stessa immagine, superando così il limite principale del dagherrotipo. Tuttavia, rispetto all’invenzione di Daguerre, il calotipo ha una diffusione più lenta: innanzitutto perché brevettato (1841), ma anche per il fatto che manca di quella nitidezza e resa del dettaglio più propria del dagherrotipo a causa delle fibre della carta.
Se da una parte Talbot mira alla restituzione della realtà attraverso l’immagine fotografica, dall’altra si impegna a dare nobiltà artistica all’esito di un procedimento meccanico e chimico. A tal punto che, tra il 1844 e il 1846, pubblica The Pencil of Nature, il primo libro fotografico della storia: sei volumi all’interno dei quali sono presenti riflessioni sul linguaggio fotografico (e non solo descrizioni tecniche), oltre a ventiquattro stampe originali incollate a mano sulle pagine.
Esponendo alla luce un secondo foglio di carta fotosensibile, posto a contatto con il negativo, Talbot intuisce che se ne può ricavare una copia positiva; dunque, un processo che consente di creare più esemplari a partire dalla stessa immagine, superando così il limite principale del dagherrotipo. Tuttavia, rispetto all’invenzione di Daguerre, il calotipo ha una diffusione più lenta: innanzitutto perché brevettato (1841), ma anche per il fatto che manca di quella nitidezza e resa del dettaglio più propria del dagherrotipo a causa delle fibre della carta.
Se da una parte Talbot mira alla restituzione della realtà attraverso l’immagine fotografica, dall’altra si impegna a dare nobiltà artistica all’esito di un procedimento meccanico e chimico. A tal punto che, tra il 1844 e il 1846, pubblica The Pencil of Nature, il primo libro fotografico della storia: sei volumi all’interno dei quali sono presenti riflessioni sul linguaggio fotografico (e non solo descrizioni tecniche), oltre a ventiquattro stampe originali incollate a mano sulle pagine.